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mercoledì 11 novembre 2009

I VACCINI, I MEDIA E L'INFLUENZA A




Sembra di essere in guerra: due milioni e mezzo di dosi già arrivate alla Regioni, e a fine novembre saranno cinque. Ma gli italiani vaccinati sono poco meno di 80 mila. In sostanza, 97 dosi su 100 sono rimaste nei cassetti. Il vaccino anti-influenza A diventa un caso.
La macchina messa in moto dal ministero della Salute stenta a decollare. A fermarla, lo scetticismo delle persone: molti non si fidano degli effetti collaterali, altri seguono la strada intrapresa da medici di fama che si rifiutano di vaccinarsi. Gli “obiettori di vaccini” hanno raccolto dossier e si sono concentrati sui possibili rischi connessi alla somministrazione del vaccino. I più importanti, a loro dire, legati al mercurio e allo squalene: il mercurio si troverebbe in un quantitativo considerato pericoloso per i bambini e le donne incinte; lo squalene, un idrocarburo presente nel fegato degli squali, avrebbe provocato malattie a molti veterani della guerra del Golfo.
Accuse respinte al mittente dal viceministro della Salute Ferruccio Fazio e da esperti del settore: «Il prodotto è sicuro, ha superato i controlli dell’Emea, l’organismo europeo che ne ha certificato i livelli di sicurezza ed efficacia sulla popolazione», hanno affermato in coro.
Al momento, comunque, gli italiani non sembrano avere tanta voglia di vaccinarsi, nonostante l’opera di allarmismo, più che di sensibilizzazione, messa in atto dai media. Ogni giorno i principali mezzi di comunicazione riservano titoli di apertura ad un virus che, è giusto sottolinearlo, ha portato sino ad oggi alla morte di 34 persone su un totale di 785 mila casi stimati nel nostro Paese. Delle persone decedute soltanto una non aveva gravi patologie pregresse. Di influenza tradizionale si muore molto di più, ma in pochi ne parlano.
Il sospetto su interessi molto forti che si celano dietro l’influenza H1N1 esiste: c’è un’attenzione eccessiva su un fenomeno che va sì monitorato ma con meno enfasi. I beninformati parlano di una pressione da parte delle lobby farmaceutiche sui media per spingere la gente verso i luoghi di somministrazione del vaccino. Altri sostengono invece che l’influenza A faccia comodo agli stessi operatori della comunicazione. Viviamo in un Paese in cui l’informazione lascia sempre più spazio alla spettacolarizzazione e al sensazionalismo. Il virus dell’influenza A ha le sembianze della vittima sacrificale giusta sull’altare degli ascolti e della vendita dei giornali. Trasmissioni ad hoc, speciali e interviste a infettivologi e virologi riempiono ormai tutte le fasce orarie dei palinsesti e le griglie di impaginazione dei giornali.
Il rischio concreto è che si crei una psicosi del tutto ingiustificata, come già accaduto in passato per il virus Ebola, l’influenza aviaria o la Sars. Nomi che oggi fanno quasi sorridere, ma che qualche tempo fa toglievano il sonno a milioni di italiani. E poi, se ad informarci sui rischi del contagio deve essere Topo Gigio, vuol dire che la famigerata influenza H1N1 non è poi così pericolosa per chi non soffre già di gravi patologie. Fosse stato Gargamella, allora avremmo iniziato a preoccuparci come i Puffi.

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