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giovedì 12 novembre 2009

LA DEPRESSIONE NEL MONDO DELLO SPORT: ENKE E GLI ALTRI





Tristezza, crisi di pianto, sentimenti di colpa o inutilità. In una sola parola, depressione. Si calcola che il 20-30 % della popolazione generale, nel corso della propria vita, abbia sofferto di sintomi depressivi. Il dato è ancor più rilevante se si considera che, secondo l’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità), circa il 60 % dei casi non viene diagnosticato e quindi non viene trattato.
Nelle ultime ore “il male del secolo” ha fatto un’altra vittima illustre: Robert Enke, 32 anni, portiere della nazionale tedesca e dell’Hannover 96.
«Perdonate se non vi ho fatto capire quello che avevo già deciso», ha scritto Enke in alcune righe scritte prima di gettarsi sotto un treno. Erano almeno 6 anni che il portiere tedesco soffriva di depressione, dai tempi delle sfortunate esperienze con il Barcellona e il Fenerbahçe.
Il suicidio di Robert Enke è l’ennesimo tributo che il mondo dello sport paga alla depressione. Dal ciclista Luis Ocana, vincitore della Vuelta 1970, al capitano della Roma del secondo scudetto Agostino di Bartolomei, passando per i portieri Lester Morgan e Tim Carter. Senza dimenticare le misteriose morti di Frank Vandenbroucke e Marco Pantani, due tra i talenti più cristallini che gli amanti del pedale ricordino.
Come in ogni ambiente, è possibile trovare casi di depressione anche nello sport. Gli stadi più avanzati portano all’impossibilità di assolvere alle comuni attività quotidiane come alzarsi dal letto, lavarsi, uscire di casa. Il segnale più preoccupante per gli sportivi è l’assenza dalle competizioni. Prima di arrivare a questo stadio di avanzamento del fenomeno, possono trascorrere anche settimane o mesi, durante i quali iniziano a presentarsi i primi segnali di sofferenza. L’atleta professionista vive del suo sport e tutto gli sembra essere legato alla sua attività. La propria autostima dipende in gran parte dai risultati che riesce ad ottenere.
Se nella crescita personale dell’atleta non è avvenuta una maturazione tale da potergli permettere di affrontare e gestire situazioni complesse, il rischio di vivere un episodio depressivo aumenta.
È possibile prevenire la depressione negli sportivi? Non ci sono risposte univoche a questo quesito, ma un’opera di prevenzione appare comunque possibile. Considerare l’atleta come uomo prima ancora che come atleta e prestare attenzione a tutti i suoi bisogni, non solo a quelli sportivi, sembra la strada giusta da seguire per evitare il peggio. Ma chi oggi ruota attorno ai professionisti dello sport è quasi sempre mosso da motivazioni economiche. Davvero in pochi sanno chi è il calciatore finiti i novanta minuti di gioco o il ciclista una volta sceso dal sellino. E, una volta che la situazione è compromessa, i farmaci non bastano a scongiurare il pericolo. C’è bisogno di un adeguato trattamento psicoterapico. Per evitare che il mondo dello sport si trovi spiazzato e ferito di fronte all’ennesima morte di uno dei suoi protagonisti.

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