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lunedì 9 novembre 2009

IL PRIMO UOMO MULTIPIATTAFORMA D'ITALIA: ENZO TORTORA. UNA STORIA DA RACCONTARE A CHI INTRAPRENDE LA PROFESSIONE GIORNALISTICA E NON SOLO..



Un uomo gentile, mite, colto, dall'ironia tagliente: questo era Enzo Tortora. Nelle scuole di giornalismo e nelle accademie di spettacolo se ne dovrebbe parlare più spesso e invece sovente ci si trova dinanzi a ventenni che sgranano gli occhi quando lo sentono nominare. Al massimo ricordano di sfuggita un uomo ammanettato e martoriato dalla gogna mediatica con una delle accuse più infamanti: essere un camorrista spacciatore di droga.
La sua storia ancora oggi è di grande attualità, visto che spesso sentiamo parlare di multimedialità e di una giustizia che non sa ammettere i propri errori. Due mondi che non hanno nulla in comune, ma che si ritrovano nella figura di Enzo Tortora.
La sua carriera in Rai inizia con uno spettacolo radiofonico, Campanile d'oro. Il passaggio alla tv di stato è del 1956 con il programma Primo Applauso. Ma il successo arriva con Telematch (1957) e Campanile Sera (1959). Basato su un format francese, Telematch fa il pieno di ascolti anche grazie al cosiddetto "coso", un oggetto misterioso, presentato dalle piazze di tutto il Paese, che deve essere indovinato dai concorrenti. In Campanile Sera Tortora cura i collegamenti con i paesi dell'Italia settentrionale, dimostrando grandi capacità dialettiche e affabilità.
Nel 1962 il conduttore genovese viene cacciato dalla Rai per non aver bloccato il celebre imitatore Alighiero Noschese nei panni di Amintore Fanfani, all'epoca segretario della Democrazia cristiana, il partito che di fatto controllava la programmazione del servizio pubblico radiotelevisivo. Un colpo durissimo per Tortora, che però non si dà per vinto, sbarcando in Svizzera alla corte della Televisione svizzera italiana.
Cinque anni più tardi Enzo Tortora viene richiamato in Rai. Gli viene affidata la conduzione della Domenica Sportiva. Sarà uno dei suoi tanti colpi di genio: da noioso notiziario sportivo, la Ds diviene un frizzante contenitore di immagini e opinioni sulla giornata calcistica appena trascorsa. Ma alla fine degli anni '60 un nuovo "esilio" attende Tortora: i vertici Rai non gli perdonano alcune pesanti esternazioni sull'allegra gestione di Viale Mazzini e per il popolare conduttore genovese è di nuovo tempo di fare la valigie e ripartire verso una nuova sfida.
Sfida prontamente raccolta: Enzo Tortora inizia la sua carriera giornalistica, collaborando con La Nazione e Il Resto del Carlino. Nel frattempo diventa uno dei pionieri della neonata tv commerciale, a Telebiella, Telealtomilanese e Antenna 3 Lombardia.
Fino alla primavera del 1977 quando nasce il "miracolo" Portobello. La Rai è alle prese con l'attuazione della prima legge di riforma del sistema radiotv e Portobello segnerà per sempre la storia della seconda rete e, più in generale, dell'intera televisione italiana. Sarà il primo programma di successo a non essere trasmesso dalla rete ammiraglia: un trionfo senza precedenti con punte di 28 milioni di telespettatori. Per molti critici televisivi, Portobello è stato il precursore di molti tra i più fortunati format che si sono succeduti negli anni. Programmi come Chi l'ha visto, Carramba e i Cervelloni sono da considerarsi come la diretta emanazione del "giocattolo perfetto" ideato e costruito dallo showman ligure.
Ormai Tortora è un esempio da seguire, un' icona irraggiungibile. É il presentatore televisivo più conosciuto e apprezzato in un Paese di teledipendenti: un dio, in sostanza.
Ma la vita a volte ti mette con le spalle al muro, spesso ingiustamente. É il 17 giugno del 1983. Una data che di fatto sarà l'inzio della fine per Enzo Tortora.
Le manette nel cuore della notte, i flash e le telecamere chiamate ad hoc. Chissà quanti pensieri si accavallano nella mente di un uomo che fino ad un minuto prima era un modello per milioni di persone, ed ora è uno spacciatore affiliato alla Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo. Sempre se un uomo riesce a pensare in una situazione del genere: accusato di un crimine pesantissimo senza potersi difendere, semplicemente perchè del tutto all'oscuro delle trame che infittiscono quel mondo così torbido.
Enzo Biagi sarà il primo a lanciare un appello in suo favore: e se fosse innocente, si chiederà in un editoriale pubblicato su La Repubblica sei giorni dopo il suo arresto: «Mentre voi leggete questo articolo, Enzo Tortora è a colloquio con i giudici: sapremo poi, con più esattezza, di quali reati è incolpato, o meglio di quali deplorevoli fatti si sarebbe reso responsabile. Fino all'ultima sentenza, per la nostra Costituzione, stiamo parlando di un innocente. Invece, in ogni caso, è già condannato».
Da allora inizierà un calvario lungo cinque anni. Ma ancora una volta il presentatore non si piega e questa volta sceglie la strada dell'impegno politico, riuscendo a strappare un seggio all'Europarlamento nelle file dei radicali. Pur protetto dall'immunità, Tortora decide di dimettersi e di farsi arrestare nuovamente dopo la sentenza di primo grado emessa il 17 settembre 1985: dieci anni di carcere sulla base delle testimonianze di collaboratori di giustizia o più semplicemente di mitomani in cerca di pubblicità o sconti di pena. Solo un anno più tardi, i giudici d'appello riusciranno a fare chiarezza e a restituire l'onorabilità ad un uomo ormai irrimediabilmente segnato nel corpo e nell'animo.
Il 20 febbraio 1987 Enzo Tortora si riprende la sua creatura più bella, Portobello: «E allora, dove eravamo rimasti?», si chiederà visibilmente emozionato davanti ad un pubblico adorante. Un pezzo di storia della televisione che ancora oggi fa venire i brividi.
Ma ormai è troppo tardi e nulla potrà mai restituirgli il maltolto. Tortora morirà infatti il 18 maggio del 1988 dopo essersi "ammalato di ingiustizia". Nella bara, scortata da ali di folla in un grigio pomeriggio milanese, una copia della Storia di una colonna infame di Alessandro Manzoni. Un libro che parla di falsi pentiti, di accuse costruite a tavolino, di processi farsa e di scellerate impunità. La sua storia, verrebbe da dire. Una storia che ognuno di noi dovrebbe portare dentro di sè come esempio di un uomo che riusciva ad essere "padrone" di ogni tipo di media e che è stato distrutto da una "giustizia" che troppo spesso sbaglia senza pagare.


Sul caso Tortora si consiglia la lettura del volume "Applausi e sputi- Le due vite di Enzo Tortora" di Vittorio Pezzuto, Sperling & Kupfer, 2008 e la visione del film "Un uomo perbene" di Maurizio Zaccaro con Michele Placido nei panni dello sfortunato presentatore.

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