Cerca nel blog

giovedì 20 ottobre 2011

IL DELITTO DELL'ARMADIO: 17 ANNI DOPO, IL MISTERO CONTINUA




Antonella Di Veroli, una donna di 47 anni, nubile, commercialista e consulente del lavoro, viene trovata morta nella sua casa di Roma il 12 aprile del 1994. Il cadavere, con indosso un pigiama azzurro, è avvolto in lenzuola e coperte all’interno di un armadio con le ante sigillate dal mastice: ad ucciderla sono stati due colpi di pistola calibro 7,65 sparati a bruciapelo in fronte. L’assassino, forse per attutire il rumore dello sparo, le ha stretto un cuscino sul volto e poi le ha infilato la testa in un sacchetto di nylon. Sulla porta nessun segno di effrazione: il killer aveva le chiavi o Antonella gli ha aperto la porta tranquillamente.
La vittima, di carattere scontroso e fragile, aveva un ottimo lavoro, una buona situazione patrimoniale e viveva da sola da sette anni.
I familiari della donna, preoccupati per la sua assenza al lavoro e non avendo sue notizie dalla sera prima, alle 19,30 dell'11 aprile 1994 sono andati a casa sua, nel quartiere Talenti di Roma, in via Domenico Oliva 8. Nell'appartamento le luci erano accese e c’era un po’ di disordine, ma di lei nessuna traccia. Alle 21 è arrivato sul posto anche Umberto Nardinocchi, 62enne ragioniere, socio della vittima ed ex compagno della Di Veroli, accompagnato dal figlio e da un amico agente di Polizia. Il giorno seguente, alle 16,30, la sorella della donna scomparsa e Nardinocchi sono tornati nella casa e questa volta hanno trovato il corpo di Antonella nell'armadio della camera da letto.
I primi accertamenti vengono effettuati su Nardinocchi, poi prosciolto al termine delle indagini, e su un 52enne fotografo freelance con il quale la donna aveva avuto una relazione, Vittorio Biffani. Entrambi i sospettati vengono sottoposti all’esame dello stub, teso a rilevare tracce di polvere da sparo sulle loro mani. Tutti e due risulteranno positivi al test, ma quelle tracce sono assolutamente giustificabili per entrambi gli uomini e nulla hanno a che vedere con il delitto.
Biffani viene rinviato a giudizio il 1 dicembre 1995 con l’accusa di aver commesso l’omicidio perché la Di Veroli, con la quale aveva anche un debito di 42 milioni di lire, non avrebbe voluto rassegnarsi alla fine della loro relazione. Assolto in tutti e tre i gradi di giudizio (in Cassazione nel 2000), il fotografo è morto il 4 luglio 2003.
Nel calderone di un’inchiesta figlia di molti errori finisce anche la moglie del fotografo, Aleandra Sarrocco. La donna viene raggiunta da un avviso di garanzia per i reati di tentata estorsione e minacce. L’ ipotesi è che la moglie tradita abbia tentato di estorcere ad Antonella dei soldi, minacciandola di rendere pubblica la sua relazione con il marito Vittorio. Ma la donna nega ogni addebito e, anche in questo caso, si risolve tutto in una bolla di sapone.
La commercialista uccisa sarebbe stata coinvolta in storie di usura e, quindi, vittima di un killer mandato dalla criminalità organizzata perché non avrebbe rispettato i patti. Antonella Di Veroli avrebbe riscosso percentuali sui crediti da una banda di strozzini. I registri con i movimenti di cassa della banda sarebbero stati custoditi in casa della Di Veroli da dove sarebbero scomparsi dopo il delitto, portati via dall'assassino. Ad affermarlo sarebbe stato, all’epoca del processo di primo grado, un usuraio pentito.
Un altro elemento da approfondire potrebbe essere l'acquisto di un immobile da parte della Di Veroli, che venne uccisa pochi giorni prima di andare all'appuntamento già fissato con il notaio per la firma del rogito. La donna avrebbe dovuto versare 186 milioni in contanti per acquistare l'appartamento sotto il suo, da adibire a studio professionale, e non disponeva di una simile somma: aveva fatto un’improvvisa richiesta di denaro alla persona sbagliata e per questo motivo c’ha rimesso la vita?
Molti i punti oscuri su cui gli inquirenti non sono riusciti a far luce. Ad esempio, di chi erano i capelli trovati sul letto della commercialista? Di sicuro non di Biffani, come chiarito dal test del Dna appositamente disposto dalla Corte d'Assise. Nessuno, poi, ha mai capito come mai Nardinocchi, quando il corpo di Antonella Di Veroli non era ancora stato trovato, disse a un suo amico poliziotto, durante un sopralluogo nella casa di via Oliva, di cercare dei bossoli sotto il letto della vittima. Le impronte digitali trovate sull’armadio in cui il cadavere è stato sigillato non appartengono ai due principali indagati, così come non sono riconducibili a loro neppure le impronte rilevate su una tazzina da caffè trovata nella casa della vittima. Infine, la presenza di graffi sulle braccia e sulle caviglie della commercialista farebbe pensare che il corpo sia stato trascinato da almeno due persone.

lunedì 10 ottobre 2011

ARNAUD MONTEBOURG, L'ARBITRO DELLE PRIMARIE FRANCESI





Un tempo era il portavoce di Segolene Royal nella corsa verso l'Eliseo, oggi è l'uomo che può decidere il destino del Partito socialista francese e, forse, dell'intera nazione. Il risultato delle prime elezioni primarie nella storia della sinistra d'oltralpe parla chiaro: Arnaud Montebourg sarà l'ago della bilancia nel ballottaggio che, tra una settimana, vedrà di fronte Francois Hollande e Martine Aubry. Quarantanove anni da compiere a fine mese, Montebourg è il vincitore morale del primo round della sfida che designerà lo sfidante del presidente uscente Nicolas Sarkozy. In pochi lo accreditavano di un risultato simile: il 17% dei votanti ha creduto in lui, ben 10 punti in più della sua vecchia datrice di lavoro, ormai relegata ai margini dopo questa batosta.
Avvocato e deputato all'Assemblea Nazionale dal 1997, l'uomo nuovo della sinistra transalpina è dal 2008 presidente del Consiglio del Distretto della Saona e Loira, meta turistica nella regione Borgogna, nota per le bellezze architettoniche di origine romanica e per i suggestivi corsi d'acqua.
Da stamattina, l'ex segretario nazionale del Ps Hollande e l'attuale numero uno dei socialisti, Aubry, vanno a caccia dei suoi voti: il primo parte dal 39% ottenuto ieri, la seconda insegue distaccata di otto lunghezze. Per alcuni analisti, Montebourg potrebbe optare per il segretario in carica, figlia dell'ex presidente della Commissione Europea Jacques Delors e sindaco di Lione, rovesciando così l'esito del primo turno. La Aubry, «madrina« della legge sulle 35 ore settimanali di lavoro quando era ministro nel governo Jospin, sembrerebbe più vicina alle posizioni radicali di Montebourg, di sicuro più distante dal «centrista» Hollande, responsabile del partito fino al 2008, quando fu rimpiazzato proprio dalla Aubry. Due indizi sembrerebbero supportare quest'ipotesi: al congresso di Reims in cui la Aubry prese le redini del Ps, il presidente della Saona e Loira non le fece mancare il suo supporto; mentre, quando era il portavoce della Royal, disse che l'unico difetto della prima donna giunta ad un ballottaggio presidenziale era il suo compagno, Francois Hollande, appunto.
Sulla sua pagina Facebook, Montebourg dimostra di avere le idee molto chiare: «Sono candidato alle primarie presidenziali per trasformare il sistema. Non per amministrarlo», scrive il segretario nazionale del «Parti socialiste a la Renovation», una corrente nata in seno al partito socialista nel 2008. Durante la campagna elettorale, il suo cavallo di battaglia è stata la «demondializzazione»: vale a dire combattere l'economia di mercato, ridare valore ai prodotti locali e investire in tecnologie verdi. «I costi della crisi devono ricadere sulle banche e non sui popoli che devono riprendersi l'autonomia nelle loro decisioni», ha più volte affermato Montebourg. A caratterizzare il suo impegno durante le primarie, quattro punti fondanti: il protezionismo industriale, sociale, ecologico ed europeo; la messa sotto tutela delle banche per controllare la finanza e mettere fine alle continue crisi; il capitalismo cooperativo con una preferenza per i salari piuttosto che per le azioni; e la nascita della «sesta Repubblica» per ridare il potere ai cittadini.
Da oggi tutto è di nuovo in gioco: i socialisti hanno un'occasione troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire. I sondaggi danno il presidente Sarkozy in crollo verticale e nemmeno l'affaire Strauss-Kahn sembra aver arrestato l'onda d'urto della sinistra francese. Chissà se il 20 novembre 2010, il giorno della presentazione della sua candidatura, Arnaud Montebourg avrebbe immaginato che, dodici mesi dopo, sarebbe stato il padrone del destino del suo partito e, perché no, della sua nazione.

sabato 8 ottobre 2011

UNA TV AL PLASMA VAL BENE CENTO CRIMINALI





Altro che il commissario Montalbano o il maresciallo Rocca: questa volta non si tratta di una fiction, ma di una geniale intuizione di uno sceriffo americano che ha ideato una singolare messinscena per catturare oltre 100 latitanti. Thomas Dart, responsabile del dipartimento di polizia «Cook County» di Chicago, ha pensato di far inviare una lettera a oltre 10 mila malviventi sparsi per gli Stati Uniti. Lo sceriffo ha fatto spedire la missiva all'ultimo indirizzo conosciuto dei latitanti, nella speranza che qualcuno di loro potesse rispondere all'invito di un fantomatico magazzino di prodotti tecnologici, posto sulla South Kenneth Avenue, a poche centinaia di metri dal «Chicago Midway International Airport», uno dei due snodi aeroportuali della capitale dell'Illinois.
Nel testo si parlava della possibilità di provare nuove tv al plasma e videogame inediti, oltreché di un compenso di 75 dollari e di un televisore omaggio come rimborso per il disturbo. La gran parte dei destinatari non è caduta nella trappola, mentre una cinquantina di malfattori ha addirittura chiesto ulteriori delucidazioni sulla «giornata promozionale»; altri cinquanta, invece, non hanno risposto, presentandosi direttamente all'ingresso del grande magazzino allestito per l'occasione dagli uomini dello sceriffo. Qui, gli incauti criminali sono stati accolti da poliziotti travestiti da commessi che ne hanno registrato l'arrivo su appositi moduli. Poi, i finti dipendenti, con tanto di magliette arancioni e palloncini colorati, hanno chiesto ai latitanti di prepararsi a sorridere per posare per una foto ricordo. A scattare, però, non sono stati i flash delle macchine fotografiche, bensì le manette ai polsi di ben 102 criminali, colpevoli di una serie di reati.
Lo sceriffo Dart non è nuovo ad operazioni a effetto: negli anni scorsi è finito sulle prime pagine dei giornali statunitensi per aver creato un'unità investigativa che si occupa di crimini contro gli animali. Inoltre, nel 2009 ha portato alla luce lo scandalo del cimitero «Burr Oak» ad Alsip, un sobborgo di Chicago in cui i dipendenti cimiteriali profanavano le tombe. Tant'è che in quell'anno la prestigiosa rivista «Time» l'ha inserito nella lista dei 100 personaggi più influenti al Mondo.
Nella conferenza stampa successiva agli ultimi arresti, Dart ha lasciato intendere che il suo dipartimento è pronto a mettere a segno altri colpi a sensazione. Alla prossima prima pagina, sceriffo.

Ecco qui il video relativo all'ultima operazione condotta dagli agenti della “Cook County” di Chicago

martedì 4 ottobre 2011

A VOLTE RITORNANO...

Stare fermi non è per nulla facile: si corre il rischio di "arrugginirsi" e di perdere la dimestichezza con le notizie. Sì, proprio loro: l'oggetto del nostro mestiere. Io dico sempre che il giornalista ha una missione: frapporsi tra l'evento e il pubblico, cercando di rendere i fatti comprensibili al maggior numero di persone possibili. Nel mio piccolo, trovandomi in una situazione di pausa forzata, proverò a segnalarvi delle storie che mi hanno colpito particolarmente, nella speranza di riuscire a coinvolgere anche voi che siete dalla'altra parte del monitor.
Avevo aperto questo blog un paio di anni fa, giusto per capire lo "strano effetto che fa". Oggi, nell'attesa di un futuro migliore, ho deciso di riprenderlo in mano. Se vorrete, vi farò compagnia con i miei pezzi.